PER MAURIZIO CARUSO
Dipinge per “cicli”, Maurizio Caruso, ed ha fatto del colore-luce la sua divinità ispiratrice, il suo elemento tematico e stilistico principale, che la fa da padrone nella sua esperienza creativa e dà forza al suo personalissimo universo esistenziale e pittorico proteso tra Oriente ed Occidente, che si incontrano e si fondono sulla scena della vita come dell’arte. Un colore forte, fiammeggiante, il suo, direi quasi “selvaggio”, fauve, per il suo modo di interpretare figure e paesaggi in temperie dalle forti accensioni cromatiche, creando e scandendo gli spazi nel dipinto in superfici piane senza modellato, incurante della profondità ottenuto attraverso il chiaroscuro, così da delineare sulla tela situazioni a metà tra certo iconismo popolare, quasi da arte povera, e un approccio modernamente concettuale, postmoderno, “anacronistico” e citazionistico insieme (fa pensare in certi tratti a Salvatore Fiume con il vitalismo e la sensualità araba e medio-orientale, della sua pittura). Ma non è solo questo: c’è anche un pensiero che scorre da un’opera all’altra e dice di un’attitudine conoscitiva, di una volontà di esplorare il reale per fissarne l’emozione sulla tela o sul cartoncino perché serva anche agli altri, spettatori distratti di un mondo che reclama attenzione e cui Caruso sa dare un’anima.
Il risultato è duplice: grazie al trattamento del colore, riesce a raggiungere una corrispondenza tra suggestione emotiva e ordine della composizione, cosa questa che non è di poco conto, in tempi in cui l’arte contemporanea va liberandosi dal cerebralismo e da certa fredda oggettualità che l’ha caratterizzata nell’ultimo mezzo secolo; con la sua scansione per “cicli” (penso alla serie dedicata all’Africa, al “Surrealtotemico”, o ai “Colori proibiti”), dà l’impressione di un continuo cambiamento, di un modo di stare al passo con i tempi con una capacità fortemente propositiva in chiave quasi visionaria.
Colori e figure si fondono dunque in maniera essenziale prestandosi reciprocamente forza, come ha messo più volte in risalto anche Dante Maffia che di Maurizio è da sempre un convinto estimatore: i primi secondando ed esaltando il contorno dell’immagine; le seconde offrendosi in luminose teorie ed esponendosi alla luce, frontalmente, senza prospettiva.
Val la pena di aggiungere un’ulteriore notazione, il ruolo che gioca la poesia, testimoniato dalla presenza di molti ritratti dedicati a poeti. Campanella, Pasolini, Ezra Pound, Caproni e specialmente Cinzia Demi, che compare non solo in un ritratto del 2007 a lei intitolato ma anche in altre opere (come Aletheia, del 2006, e Maddalena del 2013), stanno a significare come il suo immaginario si nutra di essenziali linfe di emozioni e sentimenti che la parola della poesia è capace di veicolare.
Vincenzo Guarracino