La prima cosa che colpisce delle opere di Maurizio Caruso sono i colori. Sia che si tratti di volti (prevalentemente femminili), di animali o di cose e paesaggi, le sue fantasiosissime figurazioni sembrano essere risultato di colori e colori che a tasselli, quasi avessero una memoria ancestrale ne acquistano uno definito. Questi quadri lussureggianti contengono proprio questo: un popolo di colori che sii cerca, un flusso un ricomporsi che segue all’interno di ogni dipinto le sue correnti, come quelle interiori di un oceano sconosciuto, presente nella mente e forse e forse ancor più nella mano dell’artista. Colori sono convocati alla figura attraverso linee morbide o spezzate, il loro ordinamento che avviene per incastro o per flusso. In questo loro ritrovarsi essi compongono generalmente un racconto. Non esiste mai, infatti, un solo elemento a campeggiare nei quadri di Caruso: anche in quelli dal soggetto apparentemente più semplice c’è almeno un incontro tra due o più elementi. E’ il caso dell’albero rosso giallo e arancione, di cui non vediamo né radici né fronda ma le cui linee curve e morbide dialogano e forse combatto con quelle spezzate della terra e con il monocolore del cielo: in questo caso sono proprio le linee a raccontare, come se il dramma della spezzatura terrestre attraverso lo scioglimento nella fluidità del tronco trovasse la pace del cielo, dove le linee sono scomparse o forse sono diventata un’unica linea, gigantesca, che copre tutto. Così e anche per gli inquieti volti femminili, che sembrano in lotta perenne con lo sfondo e la veste frantumati in mille tasselli di diverso colore; tasselli di cui il volto appena riesce a liberarsi e che riverberano nella sua unità. Il clima di questi quadri è esotico. Credo che sia una scelta decisamente voluta dall’artista, a cominciare dai temi che mette nei suoi quadri: volti orientali o sudamericani, spiagge, città almeno mediterranee, terre e vegetazioni, animali come il rigoglioso pellicano ma, in genere, gli uccelli … ma tutto questo potrebbe non bastare se ad essere esotico non fossero anche il tratto e il colore. L’unione tra intenzione e gesto invece avviene e lasciamo allo sguardo di chi incontra questi quadri il vivere le suggestioni a cui essi chiamano. Certo, l’esotico è la vita. Anzi, l’esplosione della vita, con tutto il suo dramma e i suoi picchi di piacere, la tragedia della precarietà e il lusso del gustare di luoghi e incontri favolosi, fino all’erotismo, ma anche alla morte, che occhieggia nell’opera di Caruso attraverso la forma del teschio, un po’ sorprendente e un po’ naturale, come tutto ciò che è vita.